domenica 26 settembre 2010

Parole sante

Trovo solo ora il tempo di commentare due pezzi interessanti. Sul Corriere di venerdì 24 Pietro Ostellino espone un'analisi sull'insipienza della classe politica e dell'attuale momento, ampliando poi il discorso a toccare l'intero processo storico degli ultimo quindici anni, con la comparsa del berlusconismo e dell'antiberlusconismo. Non condivido al 100% l'articolo, ma è molto, molto interessante.

Si legge, di fondo, un'eco di scoramento, di disillusione sulle effettive potenzialità riformatrici di Berlusconi:
"L’inconsistenza della cultura politica nazionale è l’autentica cifra del centrodestra; ne condiziona la capacità di dar vita al cambiamento promesso, e mai attuato, e di produrre «politiche» davvero modernizzatrici. È anche l’indotto delle corporazioni, degli interessi organizzati, ai quali il suo leader è tutt’altro che insensibile. [...] La diffusione di una cultura politica autenticamente liberal-democratica è bloccata perché metterebbe a rischio gli interessi corporativi dell’establishment intellettuale."
E dà, forse, una risposta a quel che mi chiedevo nel precedente post: cosa aspettano a governare davvero? C'è un'autoreferenzialità di fondo nella classe politica, scollata dalla realtà e presa molto più dal Palazzo e dagli amici del Palazzo che da quella stessa realtà.

L'analisi è ancora più spietata qualche riga sotto:
"Il popolo di destra e quello di sinistra [...] vivono una realtà «virtuale» rappresentata, per il popolo di centrodestra, dalle (continue) promesse e dalle (inespresse) virtù taumaturgiche del capo; l’altra, per il popolo di centrosinistra, dalla sua demonizzazione." 
In pratica non c'è via d'uscita... Per il centro destra la realtà virtuale, aggiungo io, è creata dal tubo catodico. Il centro sinistra ha una realtà virtuale di riflesso, alimentata da giornali come Repubblica, che francamente mi sembra scaduto moltissimo in faziosità negli ultimi anni.

Inutile dire che l'anomalia segnalata, fin qui, è molto legata alla presenza di Berlusconi. Aspetto con curiosità di vedere cosa succederà alla sua scomparsa (politica), cosa accadrà di un quadro politico e persino civile che lui ha comunque segnato profondamente e contribuito a cambiare radicalmente degli ultimi vent'anni, e secondo me non in meglio.

Ma anche la fine del berlusconismo può non essere la soluzione di tutti i mali della sinistra, e qui mi ricollego al fondo di Luca Ricolfi, su La Stampa, che concentra l’attenzione sul Pd e sul documento dei veltroniani. Stavolta credo che potrei citare in toto l'articolo, senza distinguo. Qui lo interpreto un po' aggiungendoci del mio.
Il Pd ha due problemi:


  1. l'antiberlusconismo, di cui dice anche Ostellino;


  2. la sindrome dell'opposizione.


Anche per ascendenze storiche, infatti, i democratici sono molto più usi a fare opposizione che non maggioranza, e il manuale del bravo oppositore dice che i provvedimenti di chi governa sono sempre sbagliati, anche quando sono giusti. Questo vale per tutte le opposizioni, ma il Pd (e i DS e via risalendo) lo fanno storicamente da più tempo.
A questo proposito Ricolfi cita tanti temi (questione meridionale, legalità, scuola, università), tutti campi di battaglia belli, buoni e su cui le politiche messe in campo possono migliorare, ma su cui il Pd manca completamente di riconoscere i meriti al governo anche laddove ci sono, per i motivi 1 e 2 di cui sopra.
E non sarà togliendo di mezzo il motivo 1 (=Silvio) che certe cose da lui fatte (tra le poche...) diventeranno sbagliate o cesseranno d'essere giuste: bisognerà riconoscerne la necessità togliendo dall'orizzonte anche il motivo 2, l'opposizione a priori, e non si potranno smontare certi provvedimenti anche se e quando il Pd sarà al governo.

Per qualche esempio, cito:
"bisogna avere il coraggio di riconoscere un’altra immagine dell’Italia, di esplicitare un’altra diagnosi dei nostri mali. Una diagnosi in cui, ad esempio, non si abbia timore di indicare i lussi che non possiamo più permetterci: andare in pensione a 60 anni, spendere 100 per servizi che potremmo produrre con 70, stabilizzare centinaia di migliaia di precari per mantenere il consenso politico ai governanti, di destra o di sinistra che siano. [...] Ad esempio, che la spesa pubblica va ridotta ancora di più di quanto abbia fatto Tremonti, altrimenti non abbasseremo mai le tasse sui produttori. Che il lavoro che fanno Brunetta e Gelmini in materia di pubblico impiego può essere fatto meglio, forse molto meglio, ma comunque va fatto. Che il Mezzogiorno non può continuare ad assorbire risorse che non produce, se non altro perché i quattrini sono finiti. E che, sulla mafia, quel che ci auguriamo è che un futuro governo di centro-sinistra non faccia rimpiangere Maroni."

Parole sante.

P.S. Ho parlato male di Repubblica. Per avere un esempio di giornalismo schierato ma non fazioso, leggete www.lavoce.info. Il responsabile è Tito Boeri, economista di area centrosinistra, l'economista preferito di Ballarò. Gli articoli non sono mai teneri con le politiche del governo, ma quando ci vuole si scrivono anche cose come questa.

giovedì 23 settembre 2010

Campa cavallo che l'erba cresce


...aspetta e spera che poi s'avvera e via dicendo.
Però avrei potuto intitolarlo anche "pessimismo e fastidio", o qualcosa del genere.

Ricapitolando: abbiamo passato l'estate ad attendere qualcosa. Prima era il voto su Caliendo (ve lo ricordate?), poi il discorso di Fini a Mirabello, ora il discorso di Berlusconi sui cinque punti.
Nel frattempo, ricordate qualcosa che abbia a che fare con quello di cui ha bisogno il Paese? Io, nulla. Non per forza riforme condivise, anche leggi portate avanti a colpi di maggioranza, ma proposte concrete, vivaddio. Che so, il dossier sul nucleare, una riforma degli ammortizzatori sociali, un federalismo qualsiasi che abbia dei numeri e non solo dei titoli (per esempio la definizione dei costi standard della sanità). L'unica "riforma" di cui si è parlato è quella della scuola, perchè è entrata in vigore ora, ma era già stata approvata tempo addietro. La riforma dell'università è passata al Senato, ma ora è in commissione alla Camera.

Mi accontenterei persino di qualche decreto legge. Ma niente. Ci stiamo avvitando nelle beghe interne alla maggioranza e all'opposizione (che non si fa mancare nulla, quanto a beghe).
Era questo il logoramento temuto da Berlusconi? Spiace dirlo, ma in aula i finiani hanno avuto ben poche occasioni di logorare. Qui è un logoramento di dichiarazioni, interviste, interventi, eccetera, ma mai su nulla di concreto. E' una specie di "logoramento preventivo", non nei fatti, a cui non si sottrae nemmeno Berlusconi, con le sue tattiche e tattichette sui gruppi dei "responsabili" a far da ruota di scorta.

Io mi sto veramente stufando di aspettare che i nostri parlamentari si decidano a governare sul serio. Bene o male, ma almeno pensino a qualcosa che riguarda l'Italia, non il Palazzo, le maggioranze, i 316 sì o i 316 no.
Non sono nemmeno favorevole a elezioni subito perchè non si riesce a farlo (a governare, intendo): non ci stanno nemmeno provando. Inoltre le elezioni non le vuole nessuno.

Ma allora si decidono a fare qualcosa?

lunedì 20 settembre 2010

Nomadi e XXI secolo

Le iniziative francesi dei giorni scorsi hanno riacceso, come periodicamente avviene, i riflettori sulla questione rom. Io non conosco molto dell'argomento, e soprattutto non ho una soluzione sottomano. E' un tasto veramente complesso, che la civiltà moderna tende a rimuovere.

Cominciamo con il parlare di normative che possano riguardare i nomadi, per cercare di inquadrare politicamente e/o socialmente questo fenomeno.

La Costituzione italiana prevede esplicita tutela solo per le minoranze linguistiche (art. 6), non etniche o culturali. Costituzionalmente, quindi, la tutela dei rom si inserisce nell'articolo 3, quello che recita "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Normalmente questo articolo è interpretato nel verso della non discriminazione, e non della tutela attiva o promozione delle minoranze.
C'è poi una legge (482/1999) intitolata "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche", che estende il discorso al contesto culturale in cui le minoranze sono inserite, ma parla ancora di minoranze linguistiche.
I nomadi però in Italia non sono trattati come una semplice minoranza linguistica: per le minoranze linguistiche (pensiamo ai ladini) si prevede la tutela e la non discriminazione della lingua, ma non si provvede a fornire servizi (leggi: campi nomadi). Chi parla il ladino non sta in case popolari fornite perché si tratta di una minoranza linguistica... Quindi i nomadi non sono assimilabili una minoranza linguistica.

Metà delle regioni italiane ha poi una legislazione regionale ad hoc per, che prevede per esempio i campi nomadi e le meritorie iniziative di inserimento ed integrazione. Il Secolo d'Italia del 17/9 ci informa che "queste leggi prescrivono che gli insediamenti debbano essere dislocati in aree metropolitane non degradate dotate di infrastrutture, elettricità, servizi igienici, acqua potabile, fognature e raccolta dei rifiuti, con facile accesso ai servizi socio-sanitari e alle scuole".
Al di là del fatto che queste indicazioni siano più o meno disattese, la domanda che mi faccio è: chi paga? I rom pagano un affitto ai Comuni?
Se sì, sono forse assimilabili a dei "campeggiatori": gente che scegliere di vivere per periodi più o meno lunghi in maniera girovaga, e paga per i servizi. Allora mi sorge un'altra domanda: ma i campeggi non vanno bene per le roulotte e i camper rom? Non è ironico, me lo chiedo davvero: in linea di principio che differenza c'è? Perchè creare dei "campeggi pubblici"? Forse quelli privati costano troppo, quindi il pubblico fornisce una specie di "case popolari" a prezzo calmierato.
Se i rom invece non pagano, è giusto che la comunità paghi le scelte di vita di una sua parte?
Forse sì, nell'ottica di una politica sociale, ma faccio già più fatica ad accettarlo. I rom sono allora comparabili a dei nullatenenti, a cui lo Stato fornisce alloggi di minima sussistenza? E allora tutti i barboni delle città non avrebbero lo stesso diritto? Perché non usare le stesse strutture (campi nomadi) come semplici dormitori aperti anche a chi rom non è?

Quindi, fin qui io non riesco ad inquadrare i nomadi né come minoranza linguistica, né come "campeggiatori eterni", né come abbonati ai servizi sociali.
E qui mi faccio una domanda: i nomadi - meglio: il nomadismo è inquadrabile in qualche modo nella moderna società occidentale del XXI secolo?
Io qualche dubbio ce l'ho.

L'attività umana ha subito nei millenni una progressiva, inarrestabile transizione da nomade a stanziale. A partire dall'agricoltura, passando per le urbanizzazioni del Medioevo e dell'era industriale, le varie popolazioni nomadi man mano hanno messo radici. Oggi la situazione è tale che anche le attività lavorative (=il sostentamento) richiedono una stabilità, senza parlare poi della scuola per i bambini.
Inoltre, non capisco bene come i rom cittadini italiani possano certificare la propria residenza: il domicilio si elegge, e va bene, ma la residenza va certificata dai vigili, e si basa proprio su una certa stabilità di posizionamento: bisogna dimostrare di vivere lì, in quel posto in forma stabile, per vedersi certificata la residenza, chi si sposa o va ad abitare da solo lo sa bene.

In definitiva, secondo me la cultura rom nomade è - a tendere - in via di estinzione, per una sorta di "darwinismo" delle culture: non si adatta all'ambiente circostante. Mi chiedo se tutelarla legalmente non sia accanimento terapeutico; bisogna invece proseguire con la non discriminazione e i piani di integrazione, che però vedo poco possibili senza una virata verso la stanzialità delle famiglie coinvolte.

mercoledì 15 settembre 2010

Questione di linguaggi

Leggo che Giuseppe Civati scrive questo.
Pippo Civati è uno dei "giovani" dirigenti del Pd. Lui, Renzi e la Serracchiani sono considerati il nuovo nel partito. Lui in particolare usa molto il web. Ogni tanto lo seguo, lo apprezzo soprattutto in due cose: nella efficacia con cui denuncia gli errori del Pd e quando riesce a dare concretezza alle idee che esprime con alcune iniziative pratiche, sul territorio. Mi sembra che a volte sia carente su una visione più globale (e non su singoli temi) di quel che dovrebbe essere il Pd, ma stavolta qualcosa prova a dire.

Luigi Castaldi - alias Malvino - commenta così.
Luigi Castaldi è un radicale, intelligente e arguto in molte argomentazioni. Provocatorio in senso positivo, anche per un credente come me.

Questo "botta e risposta" mi suscita una riflessione sul linguaggio. Secondo me in politica prima o poi devi fare il politico, il politicante, usare il politichese. Certi temi - strategie, prospettive, idee - non si possono evitare per parlare sempre dei casi pratici (che so, la scuola di Adro o la visita di Gheddafi). Nello stesso tempo è difficile, quasi impossibile parlarne senza usare termini che oggi suonano antipatici, troppo politichesi, in un certo senso "stupidi", come quelli che Castaldi fa notare.

E nel momento in cui lo si fa, troverai sempre qualcuno che te lo fa notare, a mio parere in modo un po' qualunquista. Non è il caso di Castaldi, che da radicale ha una consolidata tradizione di anti-partitocrazia e, appunto, di radicalismo, ma spesse volte molti commentatori sono pronti a lanciare strali contro i "discorsi vaghi e fumosi" senza proporre alternative migliori.

Per evitare di dare quest'impressione l'unica possibilità è inventare un linguaggio nuovo, immaginifico, come Obama, o Vendola, o - in modo diverso - Berlusconi. Veltroni ci ha provato, ma l'ha infarcito di un po' troppi "ma anche"... E comunque all'atto pratico i nodi vengono al pettine, come sta succedendo a Silvio e Obama.

lunedì 13 settembre 2010

Facciamo i conti con la scuola

Oggi è il primo giorno di scuola, accompagnato come al solito d grandi polemiche. Sono andato a spulciare il rapporto annuale dell'OCSE sull'educazione, Education at a Glance 2010, pubblicato pochi giorni fa per cercare di districarmi un po' fra i numeri e le cifre.
Tutti i dati citati vengono quindi da qui: www.oecd.org/edu/eag2010; i dati risalgono all'anno 2008 (quindi prima dell'entrata in vigore delle riforme Gelmini dello scorso anno), ma sono gli ultimi disponibili e permettono di farsi un po' un'idea.
Per i raffronti si useranno i dati dei cinque grandi Paesi europei (Italia, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Germania) e le medie UE e OCSE (che comprende anche gli USA) riguardanti l'istruzione elementare, media e superiore (non l'università).

1. QUANTO SI SPENDE PER LA SCUOLA?

Il dato più citato nel leggere il rapporto è quello riportato di seguito, ovvero la spesa per l'istruzione in rapporto al PIL.




































Spesa per l'istruzione sul PIL

Italia

3.1%

Francia

3.9%

Germania

3.0%

Gran Bretagna

4.2%

Spagna

3.9%

Media UE

3.5%

Media OCSE

3.6%


L'Italia sembra quindi spendere poco, come (curiosamente) la Germania, che però ci batte contando anche la spesa universitaria. In realtà io tendo a diffidare delle percentuali del PIL, che possono essere indicative ma non sempre convincenti: ha senso rapportare la spesa per la scuola (pubblica) con la ricchezza totale del Paese (quindi anche, in gran parte, privata)?  Inoltre, se ci fate caso, l'Italia sembra sempre spendere, in % di PIL, meno degli altri Paesi per tutto: spende meno per la famiglia, per la ricerca, per la difesa... Questo anche perché non è mica detto che la somma di tutte le spese debba fare il 100% del PIL, inoltre l'Italia ne impiega parecchio, per esempio, per pagare gli interessi sul debito. Infine, nel contare le percentuali bisogna considerare anche il denominatore, non solo il numeratore: la percentuale può crescere sì se aumenta la spesa scolastica, ma anche se cala il PIL, e questo non è indice di buona spesa.
L'OCSE fornisce ancora un altro dato: la percentuale di spesa scolastica rispetto alla spesa pubblica, che è già più significativa.















































 


Spesa istruzione
su totale spesa pubblica



Totale spesa
pubblica su PIL

Italia

6.4%

48.4%

Francia

7.1%

54.9%

Germania

6.6%

45.4%

Gran Bretagna

8.9%

47.2%

Spagna

7.0%

55.7%

Media UE

8.0%

43.8%

Media OCSE

9.0%

40.0%


 


L'Italia è cenerentola. Qui ci avviciniamo senz'altro alla verità, questo è un'indicatore di dove lo Stato spende e di che priorità si dà - ed evidentemente sono altre.
Resta però ancora l'inghippo del denominatore: è vero che l'Italia spende poco in rapporto alla spesa pubblica, ma ha anche - come si vede nella terza colonna della tabella, ottenuta incrociando i dati della seconda colonna con la tabella precedente - una spesa pubblica elevata (e qui ci sarebbe tanto da parlare...) rispetto ad alcuni dei Paesi che spendono di più e rispetto alla stessa media UE. Quindi spendiamo poco ma di un totale elevato: questo può forse compensare l'effetto?
Altra osservazione: fin qui le statistiche non tengono conto dell'utenza, ovvero della popolazione scolastica, che è diversa fra i vari Stati: la Francia, che spende molto, ha una politica familiare ottima, e quindi molti bambini più di noi, che siamo una nazione anziana. Spendere meno può essere quindi collegato al bacino d'utenza più ridotto.
Per verificare ciò, osserviamo la spesa pro capite (espressa in dollari a parità di potere d'acquisto).






















































Spesa pubblica per studente ($)

 

Elementari

Medie

Superiori

Italia

7383

8222

7864

Francia

6044

8339

11082

Germania

5548

6851

9557

Gran Bretagna

8222

9166

8714

Spagna

6553

8155

9867

Media UE

6752

8165

8617

Media OCSE

6741

7598

8746


Si vede che la situazione si ribalta: per elementari e medie, la spesa pubblica per studente è seconda solo alla Gran Bretagna, e superiore a tutti gli altri Paesi e alle medie EU e OCSE. Meno soldi vengono spesi invece per le superiori.

2. GLI INSEGNANTI SONO TANTI O POCHI?

I dati OCSE danno risultanze sorprendenti anche per quel che riguarda i dati sulla quantità di insegnanti rispetto agli alunni e il famigerato affollamento delle classi.









































































 

Alunni per classe

Alunni per insegnante

Elementari

Medie

Elementari

Medie

Superiori

Italia

18.6

20.9

10.6

9.7

11.8

Francia

22.7

24.1

19.9

14.6

9.4

Germania

21.9

24.7

18.0

15.0

14.0

Gran Bretagna

25.7

21.3

20.2

15.0

12.4

Spagna

19.7

23.6

13.1

10.3

8.7

Media UE

20.3

22.2

14.6

11.5

12.0

Media OCSE

21.6

23.7

16.4

13.7

13.5


Si vede che la media di studenti per classe è la più bassa d'Europa, e ci sono molti insegnanti (qualcuno di meno alle superiori, ma sempre nella media). Perché allora ci si lamenta spesso del contrario? L'unica spiegazione che mi do è il paradosso dei polli: questa è "solo" statistica. 
Per l'affollamento delle classi, per esempio, può essere che vista la morfologia del territorio italiano, frazionato in mille comuni, ci siano istituti con classi piccole e risicate (per esempio gli istituti di montagna), mentre altri scoppiano. A tal riguardo, non sarà ora di decidere se sia più responsabile ed efficiente (anche economicamente) istituire servizi di scuolabus per le frazioni, invece di tenere vive tante sedi ormai sottoutilizzate? Sarebbe un bel miglioramento, vero ministro Gelmini? Anche se toccherebbe scontrarsi con i localismi di marchio più o meno leghista... e poi anche le frazioni votano, e quale sindaco vorrebbe perdere così qualche decina o centinaio di consensi?
Per quanto riguarda il numero degli insegnanti, invece, probabilmente c'è da tenere conto dei molti insegnanti che risultano assegnati a una scuola ma che non esercitano: le molte maternità e qualche fannullone un po' più ingiustificato, di cui si riempiono a volte le cronache a forza di certificati medici compiacenti. Inoltre (e questo è un punto di merito) probabilmente da noi abbondano gli insegnanti di sostegno.
Comunque, sta di fatto che nessuno ha tanti docenti e tante classi quanto l'Italia, in rapporto alla popolazione scolastica. Un po' è anche retaggio di un uso della scuola come "ammortizzatore sociale", come posto statale sicuro magari per donne, in un Paese in cui praticamente il part-time non si usa e quindi conciliare il lavoro con i figli è complicato. A riprova di ciò, mi pare che per il punteggio nelle graduatorie contino anche i figli (!): che c'entra col merito o con la bravura dell'insegnante? Quest'uso riflette la mentalità dello stipendio come un surrogato dell'aiuto sociale alla maternità.
Poi probabilmente questi docenti sono distribuiti male, e c'è chi sgobba maledettamente con classi da 30 bambini mentre altri stanno in classi da 9-10-11 alunni (conosco direttamente scuole così).
Come chiosa finale, lascio al lettore il compito a casa di vedere sui dati OCSE come i nostri bambini passano più ore di tutti a scuola: sarà che forse usiamo troppo il tempo pieno, magari perché non avendo una politica familiare le mamme lavoratrici hanno bisogno di parcheggiare il pargolo per più ore possibili?

3. E QUANTO GUADAGNANO GLI INSEGNANTI?

Su questo tema, altro punto di forti lamentele, forse la nostra categoria più ragione di lamentarsi. Vediamo i dati, espressi in dollari a parità di potere d'acquisto. Gli stipendi sono quelli medi per un insegnante con 15 anni di anzianità.










































































































 

Stipendio

Ore di insegnamento annue

Paga oraria (per ore di insegnamento)

Elem.

Medie

Superiori

Elem.

Medie

Superiori

Elem.

Medie

Superiori

Italia

31520

34331

35290

735

601

601

43

57

59

Francia

31927

34316

34593

926

644

630

34

53

55

Germania

54184

59156

63634

805

756

715

67

78

89

Gran Bretagna

44630

44630

44630

654

722

722

68

62

62

Spagna

42796

46794

48945

880

713

693

49

66

71

Media UE

38582

41519

45043

763

661

632

51

63

73

Media OCSE

39426

41927

45850

786

703

661

50

60

71


Se si guarda la paga annua, in effetti, quella italiana è bassa, in linea con la Francia ma ben al di sotto degli standard europei, specie rispetto alla Germania, dove gli insegnanti sembrano dei Paperoni (ricordate? la Germania era la nazione che spendeva meno per la scuola rispetto al PIL... prova di quanto quell'indice possa essere fuorviante).
Se guardiamo le ore di insegnamento, però, notiamo la prima cosa curiosa: in media, nessuno lavora poche ore come i nostri docenti. Considerando la media dei tre corsi di studio, sono 40 ore di insegnamento in meno della media europea: circa 3 settimane in meno, se non di più. Questo dato è ancora più sorprendente se si ricorda che i nostri bimbi passano più ore di tutti a scuola... ecco quindi di nuovo la sproporzione nella quantità dei docenti.
Calcolando la paga oraria, la sproporzione con gli altri Paesi diminuisce un po', specie per le medie che si avvicinano alla media OCSE, ma non si annulla.
E poi c'è la consueta osservazione: le ore di un insegnante non si esauriscono in quelle di insegnamento, c'è da aggiornarsi, preparare la lezione, correggere i compiti, le riunioni, i colloqui... E qui lo studio OCSE ci dà ancora uno spunto interessante: in alcuni Paesi si richiede per contratto un numero minimo di ore di attività, oltre l'insegnamento, da svolgersi a scuola. A scuola, mentre le ore di lavoro "libero", a domicilio, sono segnalate in modo diverso in altri Stati. Questo vuol dire più stipendio, ma meno flessibilità e un monte ore totali vincolato, come per un dipendente con orario d'ufficio. E le ore non sono poche: si veda la tabella (le ore sono comuni per tutti i corsi di studi), in cui si è provato anche un raffronto con un lavoro d'ufficio.






































 

Lavoro annuo a scuola

Lavoro annuo complessivo
(a scuola + a casa)

 

Ore

equivalenti a...

Ore

equivalenti a...

Germania

-

-

1775

un lavoro d'ufficio a tempo pieno per tutto l'anno (44 settimane x 40 ore)

Gran Bretagna

1265

29 ore settimanali a scuola per tutto l'anno (44 settimane lavorative) o 33 ore settimanali sulle attuali 38 settimane

-

-

Spagna

1140

26 ore settimanali a scuola per tutto l'anno (44 settimane lavorative) o 30 ore settimanali sulle attuali 38 settimane

1425

un lavoro d'ufficio part-time a 32 ore per tutto l'anno (44 settimane lavorative)


 In pratica, credo abbia ragione un mio amico che lavora nel mondo della scuola: "agli insegnanti italiani si dà poco e si chiede poco". Gli insegnanti italiani sono pronti a lavorare di più per guadagnare di più?
E i sindacati sono pronti ad accettare una razionalizzazione del mondo dell'insegnamento che vada in questa direzione, a inevitabile detrimento dei nuovi posti di lavoro (se gli insegnanti lavoriano di più inevitabilmente il loro numero totale diminuirà...)?

(Certo, nel fare il confronto con gli altri Stati non si può dimenticare il carico fiscale diverso e più pesante in Italia, visto che i valori sembrano essere lordi. Questo però è un problema comune a tutti, da noi, in particolare ai dipendenti; bisognerebbe quindi protestare non per lo stipendio basso, ma per le tasse troppo alte).

4. ...E I PRECARI?

Nei giorni scorsi il ministro Gelmini ha parlato di più di 220.000 precari. I sindacati hanno contestato le cifre: io immaginavo che intendessero che sono di meno, per dire che il riassorbimento è plausibile perché i numeri non sono così alti. Invece leggo che i numeri proposti sono ancora peggiori: chi dice 250.000, chi 260.000, chi di più.
Più di 260.000 persone significa quasi lo 0.5% della intera popolazione italiana, tutta di precari, che dovrebbero aggiungersi ai docenti che in proporzione sono già più che in tutti i Paesi industrializzati! Quindi secondo me ha ragione la Gelmini che dice che è materialmente impossibile assorbirli.
E allora? Il diritto al lavoro, alla dignità personale? Appunto: c'è il diritto al lavoro, non a "quel" lavoro, la dignità come persona non è sottoposta alla dignità di insegnante. Lo Stato deve farsi carico di queste persone, non per forza con un posto nella scuola, e secondo me nemmeno con un posto statale: bisogna creare le condizioni perchè si creino posti di lavoro alternativi, anche sul territorio, non per forza nello Stato.
Certo che è una cosa lunga, ma anche il riassorbimento in ruolo avverrebbe - secondo le diverse fonti - tra il 2018 e il 2022, e provocherebbe il blocco degli accessi di insegnanti nuovi (i giovani che stanno studiando adesso, per intenderci) per i prossimi 10-15 anni. Questo è andare verso il merito? Non mi sembra giusto nè efficiente che un bravo giovane sia scavalcato solo per "anzianità di precariato". Inoltre prevedere un riassorbimento globale va contro la razionalizzazione e la riduzione di numeri che auspicavo sopra...
E per il futuro, un numero chiuso all'accesso alle eventuali scuole di specializzazione, ai tirocini o ai concorsi sarà più che necessario, per non creare di nuovo masse di persone con illusioni che cozzano contro la realtà. Magari un numero chiuso programmato secondo le necessità: mi risulta che insegnanti scientifici ce ne siano pochi e a volte manchino, mentre quelli umanistici sono in sovrappiù.

domenica 12 settembre 2010

Teologia spicciola

Piccola chiosa sul Vangelo di oggi (Lc 15,1-32). Va bene la parabola delle monete: se lascio lì le monete che ho per cercare la mancante so che quelle non scappano.
Ma come fa il pastore che si allontana a sapere che le 99 pecore che lascia sole non spariranno anche loro? Dovrà avere dei buoni collaboratori, che so, i cani pastori...
Quindi se è Dio che salva (= il pastore), per tenere il gregge sulla giusta via ha bisogno di qualche collaboratore (= i preti?).

sabato 11 settembre 2010

Gli uccelli cinguettano

Alcuni uccellini del fine settimana portano qualche nuova (o meglio qualche conferma) sulla situazione del nostro comune...

Pare che la Giudici abbia confermato ufficialmente ad alcuni alti papaveri la sua candidatura a sindaco.

Pare inoltre che ci potrebbe essere una nuova civica, stavolta di area centro-destra (o forse slegata dai partiti, è ancora da vedere).

Per quanto riguarda invece il sito di Giulio Incontro, lui lamenta un "hackeraggio" proprio mentre stava lanciando la sua campagna, in realtà visto che il server è Aruba e che Aruba ha avuto grossi problemi con vari siti sembra decisamente più verosimile un attacco casuale.

Per la cronaca, anche il sito della RSA Serlini è state piratato con una bandiera turca in home page un mesetto fa...

mercoledì 8 settembre 2010

Fantapolitica

La Lega ha tutto da guadagnare a votare il prima possibile, prenderebbe una valanga di voti.
Fini non si dimetterà, ovviamente, anche se secondo me dovrebbe per ragioni di opportunità politica; sarebbe stato meglio se avesse fatto come Casini che da presidente della Camera nel 2006 aveva mandato avanti Follini e Cesa a fare il lavoro sporco, invece di fondare un partito in prima persona.
E se poi Bossi forzasse le elezioni? Per esempio, se durante il voto di fiducia sui famosi cinque punti qualcuno chiedesse il voto segreto, la Lega potrebbe far mancare una decina di voti addossando la colpa ai finiani. Il delitto perfetto...
Non credo che Bossi possa/voglia fare come dice Sergio Romano oggi sul Corriere, ovvero astenersi sulla fiducia: si prenderebbe la colpa dello stop, e questo potrebbe costare qualcosa in termini elettorali, e soprattutto incrinerebbe il rapporto con Berlusconi, che non pare propenso a una mossa del genere.

p.s. 9/9/2010: giuro, non credevo che Bossi lo pensasse sul serio come ha detto ieri pomeriggio!

martedì 7 settembre 2010

Ospitaletto dal frizzantino al congelato

La vociferata decisione a livelli provinciali di imporre la Giudici come candidata sindaco per il centrodestra a Ospitaletto pare aver calmato decisamente le acque di una campagna elettorale che stava partendo scoppiettante...

Non si ha più traccia del giornalino leghista, che doveva essere mensile e invece dopo il primo numero non è più uscito. Forse che una volta che non c'è più un candidato proprio da sostenere non valga la pena di sbattersi più di tanto? Anche Brunetta si era lamentato di questa cosa quando era stato battuto a Venezia...

Inoltre non sono più online i siti di Giulio Incontro (era www.giulioincontro.it) e della sua associazione Obiettivo Comune (www.obicom.it risulta in ristrutturazione), dopo che un mese fa Incontro aveva lanciato la campagna di avvicinamento alle elezioni con un post in cui suggeriva alcune condizioni "ad excludendum" (no a chi non abita "anche la notte" a Ospitaletto - Abrami?, no ai vecchi assessori in giunta perchè è finito un ciclo) e annunciava una raccolta di idee popolare.

Comunque, a parere mio (e non solo mio, parlando anche con altre persone) la Giudici è la scelta migliore possibile per il centro destra come impatto, visibilità, simpatia presso la popolazione, anche perchè ha ben lavorato anche secondo molti dell'opposizione.

Il centro sinistra dovrà faticare per riuscire a contrapporle un candidato vincente, considerato anche che il centro destra avrà probabilmente il traino delle elezioni politiche (in cui recupera di solito più voti che alle comunali) e questo rischia di attenuare l'impatto della "persona" rispetto a quello del "partito".
Forse la scelta migliore sarebbe un nome nuovo, un po' a sorpresa, al di là dei militanti o di quelli già in Consiglio. Un nome così permetterebbe anche di rendere credibile un'eventuale riedizione di una lista civica (che nel 2005 ebbe un buon risultato, ricordiamolo), la renderebbe una civica "vera".

Aggiornamento del 10/9: Ospitaletto.org (link: http://ospitaletto.org/2010/09/10/chi-ha-oscurato-il-sito-di-incontro/) ci spiega il mistero del sito... Hackeraggio?

domenica 5 settembre 2010

FeLini a Mirabello

Un Fini molto "evangelico", a Mirabello, ha deciso di passare per la cruna di un ago, o se preferite per la porta stretta. Più prosaicamente, vuole tenere il piede in due scarpe.

Fini descrive un partito senz'altro di destra, sbaglia chi lo accusa di essere "di sinistra". Una destra che non è europea, come si dice (vedi Sarkozy, ben diverso da Fini), ma piuttosto "ideale", antipopulista. E' di destra, per esempio, contestare i tagli alla polizia, richiedere una politica del merito, invocare la privatizzazione delle municipalizzate, le liberalizzazioni, il quoziente familiare, persino ricordare gli "infami" è lessico di destra.
E' antipopulista dire che "governare è una nobile e ardua impresa ma non può mai significare comandare... significa comprendere le ragioni di tutti e garantire equilibrio", con tutto quel che ne segue.

Fini dice tra le righe che Fli sarà un partito, quando sostiene che non tornerà nel Pdl, che si va avanti. Perchè? Perchè se applicasse la democrazia interna nel Pdl - se gli fosse concesso - sarebbe sempre in minoranza. Con un partito nuovo, una "terza gamba" della coalizione, si costringe Berlusconi a contrattare ogni cosa. Per questo per Silvio sarebbe stata meglio una corrente, e il duro documento del 29 luglio contro il Presidente della Camera fu un errore, forse dettato da sottovalutazione dei finiani. Invece la maggioranza senza di loro non c'è.
Certo, Fini non ha voti certificati, e a quanto pare non gli interessa misurarli: niente elezioni. Questa è la parte che, democraticamente, scricchiola un po' di più del fare un partito nuovo e del voler contare per forza. Ma nella tattica, nella strategia, ci sta anche questo.

Quindi, partito nuovo sì, crisi di governo no. Ottimismo sì, ghe pensi mi no. Elogi alla politica economica, richiesta di più economia nei cinque punti programmatici. Non mi piace molto, questa politica del dentro e fuori, del percorso irto e difficile ma (ancora) insieme.

Ma ciò che a me stride di più non è nemmeno tanto il "cambio di idee" di Fini (sulle più rivoluzionarie, le posizioni laiche o laiciste sull'etica, i gay, gli immigrati ha volutamente glissato), e nemmeno il fatto che non si era mai accorto prima del leaderismo di Berlusconi.
E' il fatto che tutti sanno che AN era gestita con piglio parecchio leaderistico... Se il populismo è una tentazione della destra, in cui Berlusconi è caduto, il leaderismo spesse volte ne è una caratteristica (i gollisti francesi si chiamano così per qualche motivo...), e Fini non fa eccezione. Sarei curioso di vedere cosa succederà se un domani FeL avrà le stesse richieste di democrazia, per esempio quando si dovranno convincere Tremaglia e Della Vedova sulle unioni gay. La democrazia spinta fino all'ingovernabilità anarchica è sempre stata "di sinistra", vedi la frammentazione (atomizzazione) della galassia comunista e socialista. Secondo me alla bisogna Fini farà presto a scordarsi della pluralità e della democrazia interna...

Un progetto comunque interessante. Tre quarti del discorso potevano essere da "Partito della Nazione" di Casini, a cui Fini ha aggiunto qualche spolverata di destra. Certo anche Fini sa che poi nel governare la coperta (economica) è spesso corta, quindi tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare... vedremo alla prova dei fatti, sarei proprio curioso di vedere un Fini al governo per cercare di declinare praticamente tutte queste belle cose.

giovedì 2 settembre 2010

Questione di numeri (chiusi)

Tempo di test universitari, con il solito codazzo di polemiche.

Io sono d'accordo con il numero chiuso, anche se forse andrebbe calibrato meglio: alcune facoltà sfornano troppi laureati rispetto alle richieste del mercato (per esempio Lettere), altre non hanno questo problema, quindi il numero va calibrato bene. Questo non perchè chi si laurea debba avere per forza il posto di lavoro assicurato, ma per non creare false illusioni e aspettative fallaci.

Uno che studia in una certa materia ha la giusta e legittima aspirazione a stare in quel campo anche nel mondo lavorativo. Non sono d'accordo che abbia la pretesa di avere un posto di lavoro in quel settore, perchè è impossibile (se tutti ci iscriviamo a Lettere, per continuare nell'esempio, poi che dovremmo fare, assumere tutti professori?) e perchè la cultura non è mai buttata via: un laureato in Lettere che va a fare l'idraulico sarà un idraulico colto, che ha coltivato la sua passione e ha studiato per edificazione personale, non in modo inutile.

Secondo me si è un po' perso il senso del lavoro che nobilita in quanto tale, e non perchè sia un "bel" lavoro. Un tornitore ha un lavoro degno quanto un chirurgo. Con le differenze di responsabilità, di difficoltà, di remunerazione conseguente, ma non di dignità. Se riuscissimo serenamente ad accettare questa cosa, e che il lavoro desiderato si cerca, si auspica ma non è dovuto, tanti problemi sul numero chiuso non ci sarebbero e potremmo essere più larghi negli ingressi. (Mi direte: facile tu che sei ingegnere... io sono fortunato e lo so, ma negli anni di superiori e università ne ho fatte di estati in cantiere a fare il magutto con mio padre, e se domani mattina mi ricapitasse non avrei problemi a rifarlo).

Il metodo dei test è tanto vituperato, ma in effetti non vedo molte alternative.
Contare il voto delle Superiori dà problemi di equità: come pesiamo le diverse scuole? Un liceo è diverso da un Ipsia, ma se si introducono dei coefficienti per "pesare" ciò, apriti cielo!, inoltre si indirizzerebbero gli studenti verso le scuole a coefficiente più alto, cioè (verosimilmente) i licei, perchè nessuno a 13 anni decide già di non fare l'università e quindi di prendersi degli eventuali svantaggi. Si sposterebbe allora lì il problema del "numero chiuso", mentre sarebbe il caso di favorire un'equa distribuzione tra le scuole e un'equilibrata valutazione delle proprie vocazioni. E i voti regalati in alcuni istituti piuttosto che altri?
Un'ipotesi potrebbe essere quella di assegnare il punteggio non in base alla media voto assoluta, ma corretta rispetto alla media della classe (o istituto): un 100 in una classe che alla maturità prende in media 65 vale più di uno in una classe in cui la media è 80. Così si sarebbe scoraggiati a regalare voti a tappeto, cosa che penalizzerebbe i migliori o chiunque si voglia favorire, mentre per favorire in maniera efficace qualcuno bisognerebbe alzare il suo voto ma abbassare anche la media della classe, cosa già meno praticabile. Comunque mi sembrano meccanismi un po' laboriosi e farragginosi, quindi evitiamo.
Altra alternativa è quella di abolire i test e il numero chiuso e mettere filtri selettivi alla fine di ogni anno, per iscriversi all'anno successivo: in questo modo si premierebbe un "merito universitario". Per esempio si potrebbe considerare la somma del numero di esami fatti con la media, e stabilire una soglia crescente ad ogni anno per l'ammissione al successivo, ad esempio, 3/4 degli esami nel piano di studi fin quell'anno + una media di 18. Su una facoltà vecchio ordinamento (6 esami all'anno per 5 anni, quella che conosco io...) avremmo una scala così (perdonate il divertissement da ingegnere):











































































Anno

Esami totali

Soglia esami + media

Esami da fare con la media del...

% esami da fare con la media del...

18

24

30

18

24

30

1

6

23

5

1

1

83%

17%

17%

2

12

27

9

3

1

75%

25%

8%

3

18

32

14

8

2

78%

44%

11%

4

24

36

18

12

6

75%

50%

25%

5

30

41

23

17

11

77%

57%

37%


mentre su un nuovo ordinamento (12 esami x 5 anni) uscirebbe così:











































































Anno

Esami totali

Soglia esami + media

Esami da fare con la media del...

% esami da fare con la media del...

18

24

30

18

24

30

1

12

27

9

3

1

75%

25%

8%

2

24

36

18

12

6

75%

50%

25%

3

36

45

27

21

15

75%

58%

42%

4

48

54

36

30

24

75%

63%

50%

5

60

63

45

39

33

75%

65%

55%


Bisognerebbe quindi fare tanti esami col 18 o pochi col 30. Con una media del 24 si tratterebbe di fare, dal secondo anno in poi, più di metà degli esami, mentre per il primo anno ne basterebbero pochi (per compensare il tempo di adattamento eccetera). Certo però nascerebbero problemi pratici con i lavoratori e le cause di forza maggiore che impediscono gli studi (malattie ecc.). E se uno rimane indietro che si fa? Lo si blocca per un sempre? Troppo drastico... Per un anno? Ma così gli si fa perdere ancora più tempo.

Alla fine forse il metodo più indolore sarebbe usare i test d'ammissione con più posti a disposizione (il doppio di adesso?) e stabilire una cesura selettiva al primo anno.

mercoledì 1 settembre 2010

La palla di vetro e quella di cuoio

Chiuso il calciomercato, faccio le carte al calcio nostrano...

Il Milan deve sperare di non avere infortuni in difesa e in tal caso può vincere lo scudetto (Ibra sparisce con le grandi e in Champions, ma almeno sa scardinare le difese delle piccole, e in classifica questo si sente). In attacco qualche volta Borriello magari sarebbe servito, è l'unica punta di ruolo che fa salire la squadra e in Champions qualche volta serve (lo può fare Ibra? In Champions direi che non l'ha mai fatto). Io forse sacrificherei Pirlo, che negli ultimi anni sta bollendo, per giocare con due interditori dietro i fantasisti.

Non darei l'Inter per morta, è sempre fortissima, anche se l'anno passato le è andato veramente tutto bene. La Champions non la rivince di sicuro, ma per lo scudetto c'è anche lei, perchè resta solida, anche fisicamente, in questo anche più del Milan.

La Roma fa affari coi soldi che non ha, e qualcuno mi dovrà spiegare un giorno se questo è "fair play finanziario". Io sono d'accordo che una squadra come la Roma sia preservata, agevolata societariamente, visto il patrimonio di tifosi, immagine e significato, e quindi non venga in nessun modo lasciata fallire. Non credo però che per diritto divino debba per forza avere una squadra da scudetto. E se i creditori (in Unicredit sono un po' allegri col le spese, specie per un istituto che non naviga in buone acque e che ha ancora parecchi rimasugli di soldi pubblici) cominciassero a essere invece un po' più esigenti?

La mia Juve dimostra di essere una squadra di seconda fascia. Il mercato era stato anche logico fino a una settimana fa, comprando ali di ruolo che mancavano e un difensore giovane. Poi si è andati alla schizofrenia.
A me Delneri non sembra adatto a un grande club: alla Samp o all'Atalanta se perdi col Bari è un incidente, si può ripartire la settimana dopo, e se si vince nessuno se ne ricorda più. Alla Juve sono 3 punti persi che peseranno per tutta la stagione. Sono quindi convinto che Delneri o andrà benissimo (25%) con un paio di acquisti che si rivelano campioni, una squadra che lo segue e prende fiducia con una striscia di risultati positivi come la Samp dell'anno passato, o (75%) verrà esonerato o lasciato a piedi dopo una stagione mediocre e di nuovo senza Champions.
Il problema è che il mercato è stato fatto modellando la squadra sul suo 4-4-2 a scapito della qualità (via Diego per Quagliarella dopo aver cercato Di Natale) tra l'altro pagando parecchio alcuni giocatori (Martinez) per metterli a disposizione del tecnico il prima possibile, per via anche della Europa League. Se la squadra va male, il prossimo allenatore si ritrova con in mano una squadra disegnata su uno schema e non sulla qualità.
L'idea è che si vada verso un altro anno a lottare per il quarto posto, con alte probabilità di non farcela, anche perchè il mercato ha confermato - con i no di alcune prime scelte - che la squadra ormai è tenuta poco in considerazione.
Non mi straccerò le vesti per Giovinco al Parma perchè secondo me non ha la possibilità con quel fisico per diventare un giocatore davvero grande: può arrivare a essere un Miccoli, ma non un Kakà, uno da coppa Uefa (sì, sì, lo so, Europa League...) e non da Champions. La prima giornata non fa primavera perchè un brevilineo leggero entra notoriamente in forma prima degli altri giocatori (e chi più brevilineo di lui) e di fronte c'era il Brescia...

Già, il Brescia, che deve mettersi dietro 3 squadre. Pensavo che una potesse essere il Cesena, ma si è completato alla fine del mercato (ciò non toglie che passato l'entusiasmo sarà dura anche per loro...).
Non ho capito il mercato in entrata: ok gli attaccanti, ma in difesa i centrali sono Martinez e Bega (vecchi per la A), Zoboli (malvisto da tutto l'ambiente), Mareco (rotto per tre mesi), De Maio (acerbo), Berardi... non ce n'è uno "sicuro" per la A! Ora arriva un ex giocatore come Zebina... mah!
A centrocampo secondo me non va così male, avrei preso uno più giovane per Baiocco, ma mi fido di Budel, e all'occorrenza si riadatterà Cordova.
Insomma, dura anche quest'anno: o si vincono un paio di scommesse in difesa (De Maio, Zebina, Bega regge) o si va in B difilati, anche perchè il livello medio sembra essersi alzato. Iachini secondo me ha molte probabilità di non mangiare il panettone.