martedì 30 agosto 2011

Irresponsabili

Abbiamo dei governanti irresponsabili.

Parlo della nuova versione della manovra economica. Bene l'intervento sulle pensioni, che almeno è strutturale, seppure di basso impatto (si applica solo ad alcune categorie specifiche).
Per il resto, solo aria fritta.
Via il "contributo di solidarietà". Nessun genere di patrimoniale. Niente tassazione dei capitali scudati. E fin qui va anche bene, visto che sarebbero state misure una tantum. Niente aumento dell'IVA. Niente abolizione delle Province né diminuzione dei costi della politica, rinviate al giorno del poi e al mese del mai. Limati i tagli agli enti locali. Invariate le agevolazioni alla Chiesa, si agisce invece solo su quelle alle cooperative (mossa su cui non sono contrario a priori, ma che ha un sapore eminentemente politico).
A fronte di cosa? Di nuove promesse sulla lotta all'evasione, unici nuovi introiti (per nulla certi) oltre al ritocco pensionistico. Una lotta con mezzi ignoti, tra l'altro: non ci sono misure sulla tracciabilità dei pagamenti, ad esempio.

Solite promesse da marinai, decisioni prese per gretto tornaconto politico presso i propri referenti. I mercati bocceranno sonoramente questa fuffa, nelle prossime settimane, e ci ritroveremo a dover fare una terza manovra tra 20 giorni. Scommettiamo?

p.s. bene che sia rimasto il Consiglio comunale nei piccoli Comuni: avere solo il sindaco sarebbe stata un'aberrazione. Bene l'obbligo di accorpare le "funzioni fondamentali" (ma come si farà, poi?), anche se avrei preferito accorpare direttamente i Comuni. Male l'abolizione di ogni piccolo compenso a consiglieri comunali e la loro ulteriore riduzione: credo che siamo sotto il livello di guardia per correttezza democratica e riconoscimento dell'attività.

giovedì 25 agosto 2011

Su Chiesa, Stato e tasse

In questi giorni si stanno spendendo molte parole sul tema dei privilegi ecclesiastici in materia fiscale. Voglio dire anch'io la mia.

Intanto mi sembra che le posizioni in campo non siano poi molto distanti: tutti riconoscono il ruolo sociale della Chiesa e delle sue operazioni caritative, nessuno vuol far pagare chiese ed edifici di culto. Le differenze sono soprattutto su due questioni: ICI e 8 per mille.

Sull'ICI la normativa attuale concede esenzione agli immobili con finalità "non esclusivamente commerciali". Il principio è giusto: ovviamente i luoghi di culto non pagano l'ICI, così come è giusto che un oratorio non la paghi, visto che la parte commerciale (per esempio l'affitto dei locali) è secondaria. E' chiaro che in effetti una norma scritta così sia ambigua: qual è il limite tra il "commerciale" e il "non solo commerciale"? C'è chi dice che basta mettere una cappella in un albergo per aggirare la legge, c'è chi dice che non è così.
Credo che si possa forse cambiare la legge in modo un po' più chiaro (tipo scrivendo "non prevalentemente commerciale", per esempio), ma dovrà sempre essere una regola vagliata caso per caso. Per esempio: il bar dell'Oratorio è un luogo commerciale, ma i proventi finanziano le attività dell'oratorio, struttura che considerata in toto non è certo commerciale.
Comunque, la vigilanza spetta ai comuni: l'ICI è imposta comunale. Sarebbero quelli a dover verificare quali strutture ricadono sotto un caso o sotto l'altro, magari discutendo con la parrocchia: al mio paese è successo così.
Un passo avanti potrebbe essere quello di stilare e pubblicare una lista dei beni immmobiliari ecclesiastici, che leggo mancare ad oggi. E anche qui, chi meglio dei comuni può fare questa operazione di raccolta dati? Sarebbe utile anche per i parrocchiani, che spesso (parlo per esperienza diretta da ex consigliere pastorale) non sanno nemmeno qual è il patrimonio della loro chiesa. Un'operazione di trasparenza non fa mai male.
Sempre per trasparenza, non farebbe male nemmeno una rendicontazione di tutti gli immobili che godono dell'esenzione ICI in base agli stessi principi: quelli delle altre confessioni religiose, come quelli delle associazioni non a scopo di lucro. Per esempio i sindacati, i circoli eccetera, che (anche loro) non sono tenuti a rendicontare un bilancio ma che godono delle stesse esenzioni.

Per quanto riguarda l'8 per mille, la polemica è sul modo di distribuzione: oltre a chi sceglie volontariamente di apporre la sua firma per dare la sua quota alla Chiesa, questa raccoglie anche i contributi di una parte di chi non ha espresso nessuna preferenza, visto che questi sono distribuiti in maniera proporzionale alle scelte di chi ha espresso la preferenza. In pratica, il 40% dei contribuenti esprime una preferenza, di questi l'80% sceglie la Chiesa cattolica, che quindi prende l'80% dell'ammontare complessivo dell'8 per mille.
Secondo me in questo caso c'è poco da discutere: la legge è chiara, è pubblica, è facilmente rintracciabile, vale così per tutte le religioni concordatarie, non vedo cosa ci sia da obiettare.
A me sembra anche una legge ragionevole: anche alle elezioni chi non esprime scelte si ritrova rappresentato in proporzione dalle scelte altrui. Pretendere di non assegnare i soldi degli "astenuti" sarebbe come chiedree di non assegnare tutti i seggi del Parlamento a seconda dell'affluenza elettorale.
Chi dice che i soldi dei contribuenti che non esprimono la preferenza dovrebbero restare allo Stato sbaglia anche per un altro motivo: lo Stato è uno dei "concorrenti" per l'assegnazione dell'8 per mille, e la gente può preferenziarlo sul modulo, accanto alle varie confessioni religiose. Chi vuole già dà i suoi soldi allo Stato: non si vede perché chi invece non esprime scelta dovrebbe essere assimilato a una scelta in particolare. Sarebbe come ascrivere gli astenuti delle elezioni a un solo partito...

A margine, una osservazione sparsa: chi sostiene che non si dovrebbero spendere soldi per finanziare le attività sociali e benefiche della Chiesa, ma spendere gli stessi soldi per erogare direttamente quei servizi, fa i conti male: le attività ecclesiastiche si basano in gran parte sul volontariato, quindi spendendo 100 si può erogare molto più di quel che lo Stato potrebbe fare con gli stessi soldi, visto che il pubblico avrebbe molte più spese (dubito che molta gente sarebbe disposta a lavorare gratis per lo Stato).
Certo, quando si fanno attività sociali va bene, mentre quando si sconfina nel commerciale bisogna stare attenti al fatto che il volontariato non costituisca concorrenza sleale, domanda che spesso ci poniamo in Oratorio.

domenica 21 agosto 2011

GMG 2011 - 2

Ho recuperato il discorso che il Papa avrebbe dovuto tenere ieri sera alla veglia di Madrid. Già ne avevo letto uno stralcio che mi aveva interessato.
"Cari giovani, non conformatevi con qualcosa che sia meno della Verità e dell’Amore, non conformatevi con qualcuno che sia meno di Cristo. Precisamente oggi, in cui la cultura relativista dominante rinuncia alla ricerca della verità e disprezza la ricerca della verità, che è l’aspirazione più alta dello spirito umano, dobbiamo proporre con coraggio e umiltà il valore universale di Cristo, come salvatore di tutti gli uomini e fonte di speranza per la nostra vita."
Non è una novità, ovviamente, nel magistero petrino. Riflettevo però su alcune cose. Dimentichiamo pure l'identificazone della Verità con il Cristo. Parliamo solo del concetto di verità.

Non è forse vero che la verità è un'aspirazione naturale dell'uomo? Fin da bambini tutti ci chiediamo delle cose: "E' vero?", oppure: "Chi ha ragione?". Rinunciare alla risposta, decidere che "così è se vi pare", rinunciare anche alla ricerca di una risposta, è secondo me un abdicare quasi vile alla natura umana, alla ricerca di "virtute e canoscenza" di dantesca memoria. E ancora non sto asserendo che la verità esista, ma che non ci si può esimere dalla sua ricerca, come uomini. Già questo basterebbe per prendere in considerazione la risposta della Chiesa (la Verità è Cristo) come una ben possibile risposta a questa ricerca, corroborata se non altro da una forte traditio e dai numeri della diffusione.

Andiamo oltre. Esistono cose vere? La filosofia dà molte risposte, mi interessa però notare che la stessa società occidentale non si esime dal dichiarare molte cose vere. Addirittura molte volte i sostenitori del relativismo in campo etico e religioso sono i primi a dichiarare vere a prescindere alcune cose.
Mi vengono in mente i diritti umani, che oggi sono considerati universali e applicabili indipendentemente dalle differenze tra le singole società e i singoli Stati (si pensi all'uguaglianza tra uomo e donna, per esempio). Non è questo un esempio di verità assoluta, slegata anche dal vincolo della maggioranza?
Allo stesso modo, i primi XII articoli della nostra Costituzione non sono ritenuti emendabili nemmeno all'unanimità. Altro esempio di verità affermate.
Oppure, in un campo diverso: ogni tanto nella discussione su revisionismo, partigiani e repubblichini qualcuno tenta un approccio relativista, secondo cui sarebbero tutti da porre sullo stesso piano perché facevano ciò in cui credevano. E ciò è sbagliato: fermo restando il rispetto personale per le scelte di ciascuno, non ci si può nascondere che qualcuno era dalla parte giusta, della libertà e della giustizia, e qualcun altro era dalla parte sbagliata, quelle dell'oppressione. Quindi c'è un giusto e uno sbagliato, stabiliti su principi fondamentali.

Ecco che a fronte di questi vari esempi faccio fatica ad accettare un relativismo assoluto. Insomma, le verità esistono. E' chiaro che c'è un confine, per cui ciò che non rientra nel recinto delle Verità deve essere soggetto solo alla Libertà. Il lavoro intellettuale, etico, sociale, anche religioso sta quindi nello stabilire quali questioni rientrano in un perimetro e queli nell'altro. Non è un lavoro semplice, ma non ci si può esimere, fuggendo in un relativismo facilone.

sabato 20 agosto 2011

GMG 2011

Prima GMG a cui non sono presente dal 1997. Prima che vedo da casa dopo Manila 1995.
Stessa sensazione. Nel 1995 vidi i servizi al telegiornale, e pensai che sarebbe stato bello partecipare. Oggi penso che sarebbe ugualmente bello, anche sotto la pioggia.

Vederla da fuori è una sensazione diversa. Si vede - almeno per quel che si percepisce da qui - un "cambio di generazione". I numeri relativamente piccoli di Sydney, per via delle difficoltà logistiche di raggiungere l'Australia,  separano di sei anni questa GMG dall'ultima "di massa", Colonia 2005. Un tempo necessario e sufficiente per un cambio di Papa, e di giovani. 

Mi è piaciuto l'invito a prendere "in considerazione seriamente la meta della santità", durante la festa di accoglienza dei giovani. Ci dicono di essere ambiziosi sul lavoro, nello sport, in tutto se si vuole arrivare: perché non nella vita spirituale?

Mi è piaciuta, durante la veglia in corso, la domanda di una ragazza non battezzata al Papa. Certo mi chiedo - come mi chiedevo altre volte - chi scrive queste domande "dei giovani" e soprattutto quando il Papa risponde... probabilmente la risposta è nel suo Magistero in generale, ma allora potremmo anche abolire il momento simbolico delle domande.

Non avevo mai percepito le manifestazioni contro il Papa o la GMG, arrivavano solo alcuni echi quando si era "dentro" l'evento. Perché stavolta ci sono manifestazioni più forti? O perché eravamo più impegnati? Non lo so...

Scrivo durante mentre a Madrid è in corso l'adorazione eucaristica. Mi è spiaciuto non sentire il discorso di Benedetto XVI, che è un gran catechista. Spero che ci sia lo stesso raccoglimento che c'era a Sydney per questo momento, introdotto da Benedetto XVI. A Sydney il silenzio era impressionante. La TV dice che anche a Madrid c'è "silenzio adorante", ma finché non sento il parere di chi c'era mi terrò il ragionevole dubbio.

Più in generale: le GMG servono? Sì. Sono come i semi gettati dal seminatore della parabola.
"Una parte del seme cadde lungo la strada; e gli uccelli vennero e lo mangiarono". Tanti giovani presenti torneranno a casa come sono partiti, assorbiti come sono dal mondo che manda messaggi diversi da quelli del Papa, come se nulla fosse successo.
"Un'altra cadde in un suolo roccioso dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; ma quando il sole si levò, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì". Alcuni giovani torneranno davvero carichi di entusiasmo, ma una volta tornati a casa, vedranno man mano spegnersi questo seme, bruciati dal sole cocente della routine.
"Un'altra cadde fra le spine; le spine crebbero e la soffocarono, ed essa non fece frutto". Altri giovani ancora vedranno la loro fede, germogliata ed arricchita, soffocata dalle sofferenze, dalle spine della vita, dal male del mondo.
"Altre parti caddero nella buona terra; portarono frutto, che venne su e crebbe, e giunsero a dare il trenta, il sessanta e il cento per uno". Ma qualcuno, ci sarà una parte dei giovani che crescerà nella fede, e la GMG darà il centuplo quaggiù.
E allora, anche per un risultato numericamente povero, forse che un seminatore come Benedetto XVI non dovrebbe spargere il suo seme? 

venerdì 19 agosto 2011

La democrazia

La lettura agostana di Ernesto Galli della Loggia ha generato qualche fosco ragionamento sulla situazione italiana, ma non solo.
Cerchiamo di fare un riassunto di quello che ho capito io del lungo editoriale. Mi sembra che si intuisca che la crescita del debito pubblico dell'Occidente sia connaturata con la democrazia. O meglio, non con la democrazia come sistema (per fortuna), ma con un momento indissolubilmente legato ad essa: le elezioni a suffragio universale.
Brutalizzando, il ragionamento brutale che fa Galli della Loggia è che un'elezione corrisponde alla ricerca del consenso, che viene essenzialmente comprato spendendo risorse pubbliche o promettendo di farlo.
Altri metodi di catalizzazione del consenso (per esempio, nel dopoguerra, la paura del comunismo per la DC) sono progressivamente venuti meno, facendo incancrenire il problema.

In effetti questo discorso pare avere un qualche fondamento: se si osserva la curva del debito pubblico di molti Paesi, e non solo dell'Italia (in questi giorni non si fa fatica a rintracciare questi dati sulle pagine dei giornali), si vede una curva tendenzialmente crescente.
E' anche vero che le curve di debito non sono sempre crescenti: in periodi di crescita economica il debito si può ridurre (anni '50-'60 in USA, anni '90 in Irlanda, anni 1995-2005 in Spagna), ma non ci si può nascondere che la tendenza dei grafici nel dopoguerra, sul lungo periodo, è sempre in aumento. In pratica, le politiche di spesa adottate dai governi occidentali sono sostenibili solo in periodi di forte crescita economica. Se appena la crescita rallenta, il debito torna a cumularsi, anche perché - immagino - nei periodi di vacche grasse si mettono in cantiere più spese, che poi è ben difficle andare a togliere.

Però detto così sembra che non ci siano soluzioni: va bene la speculazione, va bene tutto quanto, ma prima o poi si raggiunge un punto di rottura: l'indebitamento non può crescere all'infinito. In pratica, l'impressione che mi sono fatto leggendo tra le righe è stata che le società democratiche debbano forzatamente arrivare al fallimento. Non è una bella sensazione...

E allora, quali possibili alternative abbiamo? Rinunciare alla democrazia? Non credo che sia una buona idea: citando Churchill, "È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora."
Allora potremmo rinunciare al suffragio universale? Per esempio si tornerebbe all'Italia di Quintino Sella, quella in cui c'era il pareggio di bilancio e la lira valeva come l'oro (incredibile ma vero). Ai tempi votavano in pochi, secondo un'impostazione di "destra storica": un suffragio censitario. Ovviamente non è una buona idea... vorrebbe comunque dire rinunciare alla democrazia. I diritti non si vendono nemmeno per il debito.

La risposta che dà Galli della Loggia è "trovare alla democrazia nuovi contenuti" e "riscoprire la politica". Con tutto il rispetto, parole vuote e fumose. Suonano bene, ma in pratica? Forse sono io l'ignorante che non ho capito, limite mio, ma non mi sembra un gran contributo. Certo, tornare a una politica con dei valori e non dei valori economici è necessario, se no non si va da nessuna parte.

Secondo me c'è un'altra cosa a cui si può rinunciare: è necessario rinunciare al consenso. Bisogna che qualcuno si sacrifichi, prenda in mano la situazione rinunciando alla propria popolarità personale e di partito, rinunciando alla propria elezione successiva e faccia tutto quello che è impopolare ma necessario. In fondo l'Italia della destra storica, quella di Quintino Sella di cui sopra, era anche l'Italia di Bava Beccaris: di consenso popolare a quella politica economica ce n'era pochino

Nessuno può essere rieletto dopo manovre finanziare come quelle attuali, e soprattutto come quelle che servirebbero. Siamo arrivati al punto di rottura: per esempio la manovra attuale, lacrime e sangue, non azzera il deficit che nel 2013. Questo vuol dire che nel 2012 il debito pubblico continuerà a crescere, e anche dopo il 2013 - supponendo un deficit zero - potrà stabilizzarsi ma non scendere.
Negli anni '80 ci siamo giocati il futuro della mia generazione. Io non voglio fare lo stesso con i miei figli: sono disposto a sacrifici anche grandi pur di veder rientrare il debito. E allora sotto con vendite, privatizzazioni (Poste), rinvii alle pensioni di anzianità (fosse per me toccherei anche i diritti acquisiti: tutte le pensioni sopra i 4000€ al mese andrebbero pesantemente riviste), aumento dell'IVA, sanità non più gratuita secondo fasce ISEE, tracciabilità feroce dei pagamenti fino all'abolizione virtuale del contante (tipo porre un tetto di 1000€ mensili ai prelievi di contante in banca?).
Chi fa queste cose, tutte, rischia il linciaggio. Ma è necessario.

Si attendono volontari.

venerdì 12 agosto 2011

Dalle feste della Lega

Mi è capitato di andare a una festa della Lega, e di sentire l'intervento di alcuni dei convenuti.
C'era Lancini (sindaco di Adro) che invitava alla comune mobilitazione contro la moschea di Cologne alla faccia del federalismo e del "padroni a casa nostra" - a Cologne evidentemente non sono padroni a casa loro... (per inciso: secondo me la moschea è comunque discutibile, preferirei luoghi grandi concentrati in città grandi che tanti piccoli centri di preghiera sparsi).
Tra l'altro il discorso "loro non ci fanno costruire le chiese, noi non gli facciamo costruire le moschee" fa acqua da tutte le parti. Intanto perché sarebbe una stupidata rispondere alla negazione di un diritto con una speculare negazione, stile legge del taglione, inoltre basta un giro su Wikipedia per vedere che la situazione non è così come viene dipinta e nei Paesi a maggioranza musulmana ci sono - in proporzione ai fedeli - più chiese che moschee qui da noi.
C'era poi Silverio Vivenzi, sindaco di Lumezzane, che spiegava come la Lega stia cercando a Roma un modo di sganciarsi da Berlusconi, "vedremo se ci riusciremo", e che comunque per loro l'unica cosa che conta è il federalismo, e chi è disposto a darglielo è benvenuto. Grandi novità nazionali annunciate in quel di Sarezzo...

venerdì 5 agosto 2011

Consiglio comunale - Capitolo compensi

Giovedì scorso si è tenuto il Consiglio comunale. Non ho potuto partecipare, ma grazie alla meritoria iniziativa del consigliere Pigoli mi sono rivisto qui una parte dell'assemblea (non tutta perché non ho avuto il tempo, e tra l'altro dai resoconti letti in giro mi sa che mi sono perso la parte "vivace" della seduta tra Chiappa e Poli). 

Interessante però il discorso sulle riduzioni dei compensi agli amministratori.
Ricapitolando: il sindaco ha detto (minuto 6'40 della II parte) che dal 2006 il sindaco prendeva 2788€ lordi al mese. Da ciò si desume che il vicesindaco prendeva 1533.4€, 1254.6€ gli assessori non lavoratori dipendenti (2), 627.3€ gli assessori dipendenti, che erano 3. Il totale su 12 mensilità fa 104550€.
Sarnico aggiunge poi che l'attuale giunta si riduce il compenso del 21% per un totale di 2200€ al sindaco, quindi 1210€ al vicesindaco, che diventano 605€ perché dipendente, e 990€ per gli assessori, tranne l'assessore Chiodelli, che essendo dipendente prende 495€. All'anno fanno 75240€, per un risparmio nominale di 29310€ all'anno. Il monte spese è suscettibile di aumento per l'eventuale compenso al presidente del Consiglio prossimo venturo (secondo me abbastanza superfluo, ma non è l'argomento di cui sto parlando ora).

Interessante l'intervento di Chiappa (dal minuto 12'20), che dice una cosa sbagliata e una giusta.
La cosa sbagliata (minuto 14'16) è rinfacciare alla maggioranza che nella legislatura passata chiedeva tagli più alti, fino a 100000€ all'anno, ovvero tutto il compenso. In realtà (cfr. qui) quei 100mila € erano comprensivi di altri risparmi, mentre il taglio agli emolumenti era solo per il 10% (altrove si dice il 15%).
La cosa (credo) giusta è invece che negli ultimi due anni Prandelli non prendeva lo stipendio da sindaco, in quanto percepiva già quello da assessore provinciale. Togliendo i soldi di Prandelli dai miei calcoli la spesa annua era quindi 71094€  (vicino ai quasi 70mila citati da Chiappa). In pratica è vero che ad oggi, nonostante il sacrosanto taglio apportato - che resta comunque un bel segno - il Comune spende di più. Quindi c'è un bel risparmio rispetto agli anni 2006-2009, ma una perdita rispetto agli ultimi due.
Probabilmente quando Bordonaro risponde a Chiappa (minuto 19'20) cita i 105mila € comprensivi dello stipendio di Prandelli, che in realtà non veniva erogato.

Sull'argomento, comunque, è bene che non ci fosse Abrami, che già al primo consiglio aveva avuto la faccia tosta di chiedere l'abbassamento degli stipendi dopo anni di orecchie da mercante al riguardo. Almeno Chiappa è contrario da sempre, come ha spiegato anche in Consiglio.

Sul battibecco successivo tra maggioranza e opposizione sul Consiglio convocato senza i capigruppo di minoranza, non ci spenderei tanto tempo. L'assenza è sempre non giustificata, e la minoranza ha certamente torto. Poi il problema si ingigantisce per una omissione della maggioranza, che in effetti un colpo di telefono a Chiappa poteva farlo.  Peccato per la replica spazientita di Sarnico (minuto 41'04) che invita a comprarsi un Blackberry che "ormai costa zero"...

giovedì 4 agosto 2011

Ma anche

Oggi facciamo un po' di demagogico benaltrismo.

Ieri, durante il dibattito sull'inutile discorso di Berlusconi, Reguzzoni ha lamentato che i profughi ci costano 40€ al giorno.
Ricordiamogli che anche Reguzzoni ci costa 391.74€ al giorno, come deputato. E umanitariamente preferisco soccorrere gli immigrati.
(fonte per lo stipendio dei deputati: qui. Ho sommato i costi lordi dell'indennità parlamentare meno la ritenuta fiscale, che resta allo Stato, il rimborso per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettore e il rimborso spese telefoniche. E queste sono solo le spese fisse e certe. Mancano ancora le spese variabili, come la diaria e i viaggi. Sommando anche quelli si arriva a 552.90€/giorno di massimo. In pratica ogni deputato può costare come quasi 14 immigrati, il che contando 945 parlamentari vuol dire che il nostro Parlamento ci costa ogni giorno in stipendi come mantenere più di 13mila immigrati. Altro che emergenza sbarchi...)

D'altra parte, c'è chi ha protestato per le ferie dei parlamentari, protratte in prima istanza fino al 12 settembre e oggi ridotte al 6 settembre (comunque un mese abbondante). Che volete, sono statali: senza toccare gli insegnanti che hanno due mesi di default, provate a passare in Università per tutto agosto. Non c'è verso di trovare nessuno per un mese.