giovedì 2 novembre 2017

Diario della Settimana Sociale (1)


Un paio di mesi fa fui contattato da don Mario Benedini, allora direttore diocesano dell’Ufficio Pastorale Sociale, con cui collaboro ormai da molti anni. Don Mario mi chiese di partecipare come delegato alla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, a Cagliari.
Cos’è una Settimana Sociale? E’ un appuntamento periodico, non a scadenza fissa, in cui – come dice il nome – i cattolici italiani si incontrano per discutere di temi sociali e politici che riguardano il nostro Paese. Le Settimane Sociali nacquero 110 anni fa, nel 1907, per iniziativa del beato Giuseppe Toniolo. Da allora se ne sono svolte 48[1]. Il tema del Settimana (in realtà una quattro giorni, da giovedì 26 a domenica 29) è stato il lavoro, secondo il titolo ripreso dalla Evangelii gaudium: “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale”.[2] La partecipazione era aperta ai delegati di ogni diocesi: eravamo circa mille, tra cui 180 sacerdoti e 80 vescovi. Il comitato organizzatore aveva chiesto che almeno uno dei delegati fosse un giovane. Dalla diocesi di Brescia siamo scesi in cinque, guidati dal direttore dell’Ufficio Pastorale Sociale Enzo Torri.
I lavori sono stati molto intensi. Le giornate iniziavano alle 6:30 con la colazione in albergo e terminavano con la cena alle 21-21:30 di sera, e nel mezzo c’erano pochissime pause. Marco Arnolfo, arcivescovo di Vercelli, ha commentato in una omelia: “Siamo qui per un convegno sul lavoro, e ce ne siamo accorti! Se fosse stato un convegno sul tempo libero magari sarebbe stato meglio...”.
Le due precedenti Settimane sul lavoro si tennero nel 1946 – poco prima dell’approvazione della Costituzione, che si basa proprio sul lavoro – e nel 1970 a Brescia, nell’anno dello Statuto dei lavoratori. Durante i lavori si è espresso l’auspicio che anche questa Settimana possa accompagnare un momento importante per il lavoro, magari sul tema della tanto paventata e temuta quarta rivoluzione industriale[3].
A questo riguardo l’atteggiamento della Settimana è stato particolarmente ottimista: si è detto che il futuro può portare benefici al lavoro e ai lavoratori, se saremo capaci di governare il cambiamento e non credere che le cose debbano ineluttabilmente seguire un certo corso, magari determinato da quel “paradigma tecnocratico” di cui parla Francesco nella Laudato sì. L’economista Stefano Micelli ha sottolineato che il settore della meccatronica personalizzata è cresciuto molto in Italia negli ultimi dieci anni e ha grande potenzialità di espansione.[4] Anche Marco Bentivogli (Fim-Cisl) ha parlato con grande ottimismo del futuro dei macchinari intelligenti, in grado di alleviare il lavoro degli operai (una posizione anche sorprendente per un sindacalista del settore metalmeccanico).
La prima giornata ha ospitato il messaggio del Papa, che ha sottolineato il fatto che la precarietà assoluta, il lavoro nero, il lavoro non degno sono immorali e arrivano ad uccidere. Si è avuta una toccante testimonianza di questo fatto da parte di Stefano Arcuri, che ha raccontato la storia di sua moglie Paola, morta nei campi, vittima di un lavoro massacrante controllato dai “caporali”. Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Bassetti, ha ricordato che la Chiesa non è un operatore sociale e ha indicato nel suo intervento alcune priorità da consegnare alla politica, tra cui la famiglia (messa in difficoltà dal precariato) e l’attenzione al territorio e al dissesto idrogeologico[5]. Il vescovo è entrato molto nel dettaglio, annunciando alcune iniziative della CEI e delle proposte da fare al governo. Addirittura il suo intervento è sembrato troppo dettagliato, e ha dato l’impressione di essere già arrivati alle conclusioni, con un momento di smarrimento tra i delegati (“Ma come, hanno già deciso tutto prima di cominciare? E noi cosa siamo venuti a fare?”). Invece nei giorni successivi – in maniera sorprendente – i lavori si sono orientati verso direzioni molto diverse: la famiglia non è più stata al centro dell’attenzione, e ancor meno si è parlato di protezione del territorio.

(continua)


[1] Quella di quest’anno è la seconda che si tiene a Cagliari, la prima fu la 30ma nel 1957. Quindi nei primi 50 anni le giornate furono 30, nei restanti 60 solo 18, a scadenze molto variabili.
[2] In realtà queste parole vengono dall’esperienza di papa Francesco a Buenos Aires, dove egli le pronunciò nel 2003.E’ in qualche modo simbolico che esse vengano riprese oggi nel santuario della Madonna di Bonaria, protettrice di Cagliari e che dà il nome alla capitale argentina.
[3] Dopo la prima rivoluzione industriale (macchine a vapore), la seconda (elettricità), la terza (elettronica, computer, informatica), la quarta dovrebbe essere quella dell’Internet of things, le connessioni in rete, il lavoro da remoto, l’intelligenza artificiale.
[4] Lo stesso economista ha sottolineato che dovrebbe essere questo il volano futuro della nostra economia, e non il turismo, che è un settore a basso valore aggiunto.
[5] Mons. Bassetti è fiorentino – ha citato l’alluvione dell’Arno del 1966 – e vescovo in Umbria, terra ad alta sismicità.

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