sabato 4 novembre 2017

Diario della Settimana Sociale (3)

Prosegue da qui.



Il terzo giorno è stato il giorno dei politici. Era stato infatti organizzato un dialogo tra due ministri del lavoro, uno attuale (Giuliano Poletti) e uno passato (Maurizio Sacconi). A questo si è aggiunto l’intervento del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, originariamente previsto per la domenica ma anticipato al sabato per impegni istituzionali. Però prima di tutto questo, in mattinata, si è fatto notare l’intervento di Mauro Magatti, che tra le altre cose ha osservato che oggi siamo vincolati a uno schema sclerotizzato: «chi ha il patrimonio non investe perché vuole proteggersi (gli anziani) e chi vuole investire non può farlo perché non dispone delle risorse necessarie e anzi è gravato dal debito accumulato (i giovani)». Bisogna quindi «creare nuovi strumenti (finanziari, fiscali, contrattuali, etc.) per mettere in gioco il patrimonio (cioè il dono-del-padre) mobiliare e immobiliare accumulato in favore della ripartenza delle giovani generazioni. Una questione che deve riguardare le famiglie, ma anche le imprese, le associazioni, lo Stato, la Chiesa». Sulla parola “Chiesa” dall’assemblea si è alzato un sentito applauso.
Al presidente Gentiloni sono state fatte quattro proposte, molto concrete, alcune persino dettagliate: 1) investire nel sistema della formazione professionalizzante (tirocinio, apprendistato, CFP)[1]; 2) facilitare l’accesso al credito delle imprese piccole e medie non quotate in borsa, per esempio utilizzando i fondi raccolti con i PIR (Piani individuali di risparmio); 3) cambiare le regole dell’assegnazione degli appalti, tenendo conto non del massimo ribasso ma di un punteggio che calcoli anche parametri di responsabilità sociale, fiscale e ambientale; 4) ripensare l’IVA, rimodulandola a somma zero per permettere la riduzione per imprese che rispettino determinati parametri sociali, fiscali e ambientali. Gentiloni ha avuto buon gioco sui punti 1 e 3, su cui ha detto che il Governo già sta lavorando, e si è detto anche possibilista sul punto 2, che al governo non costa nulla. Per il punto 4 le cose sono più difficili.
Potrebbe sembrare un successo aver portato a casa tre punti su quattro, ma come al solito il diavolo si nasconde nei dettagli: se quei punti fossero messi in atto completamente e profondamente sarebbe un vero cambio di paradigma, ma se invece l’attuazione fosse un maquillage dell’esistente (per esempio presentando come soluzione al punto 1 l’alternanza scuola-lavoro, o facendo sì che i parametri non economici siano molto minoritari rispetto al massimo ribasso per il punto 3) allora si tratterebbe di un nulla di fatto. Certo è che al governo non sono state fatte richieste molto costose, e si sono lasciate fuori dal discorso le questioni più spinose (la politica industriale, le politiche attive per il lavoro, la questione del lavoro domenicale, il taglio del cuneo fiscale, anche il costoso piano di intervento sul territorio di cui aveva parlato mons. Bassetti). Questo è un gesto di responsabilità e di realismo da parte del comitato organizzatore: vedremo se sarà raccolto.
L’approccio dei lavori, poco centrato sull’intervento statale e molto orientato all’imprenditorialità, l’intraprendenza e la creatività, è stato confermato anche da Poletti e Sacconi. Se dal secondo – proveniente dall’area di centrodestra – questo poteva essere prevedibile, ha sorpreso l’entusiasmo con cui il ministro Poletti ha parlato delle imprese: «Ancora c’è qualcuno che pensa che le imprese sfruttino i lavoratori, invece senza impresa il lavoro non esiste!».
Infine si è arrivati alla domenica. Dopo la Santa Messa, l’assemblea ha accolto il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, a cui ha portato tre proposte, a dire il vero meno concrete di quelle fatte a Gentiloni: 1) eliminare i paradisi fiscali interni all’Unione Europea, 2) accrescere gli investimenti, sia pubblici che privati, per esempio portando ad attuazione il piano Juncker, 3) dare mandato alla BCE di perseguire non soltanto la stabilità (inflazione prossima al 2%) ma anche l’occupazione. Si tratta di traguardi di prospettiva, non “immediatamente cantierabili”, come invece amava dire (con un’espressione orribile) il vicepresidente del comitato scientifico Sergio Gatti delle proposte fatte all’Italia. D’altra parte il parlamento europeo è meno incisivo di un governo nazionale, e il suo presidente è meno incisivo del presidente del Consiglio.
Tajani ha aderito a queste proposte in termini di principio, e poi ha fatto un discorso più “politico”, cercando secondo me di “marcare il territorio” anche in vista delle elezioni e insistendo su temi particolarmente identitari, come la difesa dell’identità cristiana di fronte ai musulmani. La stessa cosa aveva fatto il giorno prima Sacconi, insistendo soprattutto sui temi etici (fine vita, genitorialità). Gli esponenti di centrosinistra Gentiloni e Poletti, invece, sono stati più istituzionali. All’interno di questi discorsi più “politici” è stato interessante il concetto che nella società liquida l’uomo per resistere deve ancorarsi alla terraferma di solide basi valoriali: l’uomo deve sapere chi è.
E’ stato quindi il momento delle conclusioni, affidate al presidente del comitato scientifico mons. Santoro – vero mattatore, secondo me – e al presidente della CEI cardinale Bassetti. Mons. Santoro ha insistito sul cambio culturale, il cambio di paradigma che deve mettere l’uomo al centro del lavoro. Per fare ciò è necessario il concorso di tutti, e non si è tirato indietro dall’accettare il compito di conversione anche per la Chiesa: «Qui è chiamato in causa lo spessore della esperienza vitale delle nostre comunità parrocchiali, degli istituti religiosi, di associazioni, movimenti, servizi e altre forma di aggregazione laicale. Non possiamo chiedere la novità alla politica se non la viviamo prima noi». Uno scatenato Santoro ha poi detto che va bene quel che ha detto mons. Bassetti il giovedì, che la Chiesa non è un’agenzia di collocamento sociale, ma «è anche vero che la vita delle nostre comunità non può limitarsi alla catechesi, liturgia, processioni e benedizioni», e ha prospettato una serie di interventi molto incisivi di collaborazione tra l’ambito cristiano e diocesano e le realtà sociali e politiche del territorio. Sembra che la CEI sia diventata molto più democratica di qualche lustro fa... Mons. Santoro ha anche citato un tema che era rimasto quasi inosservato (in maniera per me sorprendente, perché si tratta di una bandiera dei cattolici) nei giorni precedenti: il riposo festivo.
Il cardinal Bassetti ha concluso i lavori con un saluto in verità un po’ più esteso di quello ufficiale riportato sul sito della Settimana Sociale. Al di là dei ringraziamenti, comunque, si è adeguato al clima sinodale dichiarandosi felice dell’andamento dei lavori (forse ha applicato a sé stesso ciò che ha detto suor Alessandra Smerilli a proposito del non pretendere di sapere all’inizio la conclusione del lavoro...) e ne ha approfittato per rimarcare anche lui il tema dell’importanza della domenica.

(continua)


[1] In tema di formazione, mi ha stupito l’assenza pressoché totale di discussione sull’università. Spesso citiamo il problema che l’Italia abbia troppo pochi laureati: non c’è stata traccia di questo tema, anzi ci si è concentrati su chi all’università non ci va. Solo nel docufilm si è parlato di università, per dire che non è vero che quella italiana non prepara bene, nonostante le classifiche internazionali.

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