domenica 18 marzo 2018

Appunti sul voto (1)

Questa NON è un'analisi del voto.
Sono alcuni punti più o meno sparsi, più o meno collegati, più o  meno sensati.
  • Tutti quelli che conosco che hanno votato 5 stelle o Lega non sono "proletari". Non sono gente che sta male davvero. Gente che ha lavoro o pensione, casa di proprietà in qualche schiera, tante auto quante patenti in famiglia (non Porsche, intendiamoci). Non borghesia da SUV e villa singola, ma quella che una volta forse si chiamava "piccola borghesia".
  • Le loro motivazioni sono così suddivise:
    • persone (legittimamente) conservatrici, che non hanno mai votato a sinistra e che non la comprendono "culturalmente";
    • persone over 50 che sono arrabbiate con la Fornero e che vedono allontanarsi anno dopo anno un traguardo che pensavano a portata di mano;
    • persone che ce l'hanno con l'immigrazione: "sono sempre lì a chiederti un euro, poi gli dico "fammi vedere il cellulare", e hanno lo smartphone che ne costa centinaia. Ti prendono in giro!";
    • persone che ce l'hanno con i politici e che vogliono cambiare la classe dirigente che non combina mai niente.
  • Io credo che non si possano liquidare queste motivazioni come sciocchezze. Le prime due sono evidentemente legittime: una è una visione del mondo, la seconda è una visione del proprio interesse. Vediamo le altre due.
  • Questione immigrazione: io ho l'impressione che i Boldrini* di turno, i rappresentanti dell'antirazzismo militante, poche volte abbiano a che fare realmente e quotidianamente con l'immigrazione. Infatti nel centro altoborghese delle città vince il PD, mentre nelle periferie vince il voto populista. Chi non convive con gli immigrati è antirazzista, chi ci convive è leghista. Chi vive nei quartieri degli immigrati, chi frequenta i bar della stazione, chi prende il bus o il treno, chi ha i figli nelle scuole del centro di Brescia vede i problemi.
  • Perché l'immigrazione pone davvero dei problemi. Io lo vedo sui mezzi pubblici: ogni pendolare italiano non può non notare che la maggior parte di quelli che scappano dai controllori hanno la pelle scura. Poi io so che in realtà quelli senza biglietto sono gli appartenenti alle fasce sociali basse (più qualche bianco che se ne approfitta). Come per i dati sul carcere: è vero che gli immigrati in carcere sono molti più degli italiani, ma io so che in generale le fasce sociali basse delinquono di più.
    Quindi io so capire che non è vero che vale l'equazione immigrato = delinquente o portoghese, ma vale semmai la relazione povero = delinquente o portoghese, indipendentemente dalla razza.
    Però qualcuno mi faceva notare che questo non cambia il problema pragmatico: quando io vedo un immigrato sul bus o per strada, è probabile (statisticamente) che sia povero e quindi è più a rischio (sempre statisticamente) di delinquenza e/o illegalità. La mia reazione di diffidenza è quindi giustificata: per avere una maggiore sensazione di sicurezza è meglio che il mio vicino di casa sia un bianco italiano che un nero nigeriano, non perché il secondo sia un delinquente in quanto nero, ma perché il probabilmente appartiene più del primo a categorie a rischio (giovani maschi poveri), e di conseguenza più a rischio delinquenza.
    Un utente di un forum raccontava che vicino a casa sua hanno aperto un centro per rifugiati. Questi riempiono i bus che passano di lì. Lui dice che quando sua figlia 14enne esce tardi da scuola, magari il pomeriggio d'inverno, la va a prendere in auto e preferisce non farla salire su un bus di ventenni neri appena arrivati che non vedono una donna da mesi. Non nega il diritto dei ragazzi neri a usare il bus, non vuole bus separati eccetera, ma preferisce andare in auto. Per uno così, non si stava forse meglio "prima", quando il centro rifugiati non c'era e non doveva organizzarsi con il lavoro e la moglie per recuperare la ragazza a scuola?
  • In definitiva, la paura del diverso è naturale, inevitabile. Si intreccia anche con riflessioni antropologiche su che città vogliamo, su cultura, assimilazione, tradizioni, che proprio noi cattolici - che abbiamo combattuto per le "radici cristiane" d'Europa - non possiamo trascurare. Non credo che dare dei razzisti a tutti i leghisti sia un modo costruttivo di affrontare la questione. Specie quando papa Francesco ci ricorda che "la realtà è superiore all'idea". Come avvicinarci con misericordia ai razzisti che ci circondano? Non dovremmo trattarli con amore, come i divorziati di Amoris laetitia?
(continua...)
* so bene che Laura Boldrini non è la persona adatta per questo discorso, perché viene dall'UNHCR. La uso qui per descrivere un "tipo politico" di cui, suo malgrado, è diventata il simbolo

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