mercoledì 23 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (2)

(Prosegue da qui)

Per prima cosa analizziamo la parte della riforma che riguarda il superamento del bicameralismo perfetto e la riforma del Senato.

Caso migliore a Costituzione vigente

Nel caso ideale, supponiamo di avere una classe politica attenta e diligente, composta da persone che lavorano alacremente per il bene della Repubblica.
Con l’attuale Costituzione, i deputati e i senatori potranno contribuire entrambi alla scrittura di tutte le leggi, che potranno comunque essere approvate rapidamente grazie a un forte accordo politico di maggioranza e all’assenza di ostruzionismo da parte di una opposizione costruttiva. In questo caso il doppio passaggio (Camera e Senato) è garanzia di migliore qualità legislativa e di maggiore controllo parlamentare.
Con una maggioranza coesa e un’opposizione corretta non dovrebbe essere necessario usufruire troppo dello strumento dei Decreti legge del Governo, che potrebbero restare riservati ai casi di vera urgenza.
Se per le leggi le cose funzionerebbero bene, potrebbe essere più complessa la situazione del Governo: nel caso (sempre possibile) di maggioranze diverse nelle due Camere la necessità di ottenere la fiducia in entrambe da parte dell’esecutivo potrebbe porre dei problemi anche con parlamentari lungimiranti. Se infatti sulle singole leggi può essere più facile trovare un accordo sulle cose da fare, la fiducia a un Presidente del Consiglio o a un altro è un atto molto più impegnativo, e alcuni parlamentari potrebbero essere combattuti tra la necessità di dare un Governo al Paese e il rispetto del mandato elettorale, che non prevede di solito casi così incerti.
Secondo la Costituzione vigente ogni singolo parlamentare rappresenta l’intero Paese, e non solo il suo collegio di elezione. La rappresentanza degli interessi locali, quindi, è affidata a organi complementari quali la Conferenza Stato-Regioni.

Caso migliore a Costituzione riformata

Nelle stesse ipotesi, la Costituzione che scaturirebbe dalla riforma riduce il numero dei senatori a 100, eletti indirettamente da parte delle Regioni. Supponendo che i Consigli Regionali scelgano bene i loro rappresentanti a Roma, potremmo avere una classe dirigente che si fa portavoce delle istanze locali presso il Parlamento. Probabilmente scegliendo le persone adatte si potrebbe anche ridurre il problema del “part-time”: se i senatori non avessero altro incarico locale che non rappresentare la Regione a Roma e si mettessero d’impegno nel lavoro nazionale, magari circondandosi di buoni collaboratori, potrebbero seguire in maniera sufficiente anche i lavori del Senato. Certo non sarà mai come avere un bravo senatore a tempo pieno, neppure nella migliore delle ipotesi.
Nel caso di maggioranze diverse tra le due Camere – cosa che con la nuova elezione regionale e scaglionata nel tempo dei senatori diventa più probabile* – la produzione legislativa potrebbe proseguire ugualmente, come dicevamo sopra, con accordi sulle singole leggi, mentre dovrebbe essere più facile formare un Governo, per cui basta la fiducia alla Camera.
Parlando delle leggi, senz’altro queste sarebbero più rapide: il fatto che la maggioranza dei testi venga approvato con procedimento monocamerale renderà in ogni caso i tempi più brevi che con un doppio passaggio tra Camera e Senato, per quanto bravi e collaborativi possano essere i parlamentari del sistema bicamerale.
Anche con dei senatori molto responsabili e coscienziosi, invece, sarà inevitabile un certo periodo di transizione in cui ci sarà lavoro per la Corte Costituzionale riguardo alla corretta definizione dei vari procedimenti legislativi (il famigerato articolo 70).
Con la riforma, se bene applicata, il Governo potrebbe utilizzare pochi Decreti legge, perché il tempo di conversione diverrebbe simile a quello di approvazione di leggi “con corsia preferenziale”, che sarebbero quindi preferiti (sempre in modo non invasivo per il Parlamento, se questo riuscirà ad approfittare dello snellimento procedurale per fare leggi più rapidamente).
Infine, i cinque senatori di nomina presidenziale potrebbero portare il loro patrimonio di competenze ed eccellenze, stando attenti a non alterare le maggioranze espresse dai senatori eletti.

Nel confronto tra questi due modelli, preferisco la Costituzione vigente: a fronte di un limitato guadagno di velocità legislativa, la Costituzione riformata propone una diminuzione di una buona classe dirigente. Certo questo giudizio è legato all'ipotesi che la classe dirigente sia davvero buona...

Caso peggiore a Costituzione vigente



Supponiamo ora di avere dei parlamentari irresponsabili, demagogici, populisti o troppo legati all’interesse personale. A Costituzione attuale andremmo incontro ad una vera e propria paralisi legislativa, con maggioranze litigiose e opposizioni ostruzionistiche. La paralisi legislativa porterebbe il Governo a governare sempre per decreto, sempre che un Governo ci sia: di fronte a maggioranze diverse nelle due Camere potrebbe essere addirittura impossibile formare un esecutivo, e si potrebbe andare avanti per mesi nella stasi, col Governo precedente in carica per l’ordinaria amministrazione (è già accaduto in Spagna e in Belgio).
In una prospettiva a lungo termine, una situazione di Parlamento paralizzato sarebbe pericolosa anche per la democrazia: una Governo che riuscisse a far eleggere giudici della Corte Costituzionale compiacenti potrebbe “lavorare ai fianchi” anche i contrappesi costituzionali. E’ vero però che se il Parlamento fosse paralizzato non sarebbe per nulla facile modificare la Costituzione.
In sintesi: una paralisi completa, non scevra di rischi in caso di Governo forte.


Caso peggiore a Costituzione riformata

Vediamo ora il caso peggiore a Costituzione riformata. In questo caso, per la Camera non cambia nulla: maggioranza litigiosa, opposizione distruttiva. In Senato potrebbero arrivare le peggiori espressioni dei Consigli regionali, magari dei personaggi scelti solo per garantire loro l’immunità parlamentare. In questo caso le istanze regionali troverebbero ben poca voce presso i senatori, impegnati essenzialmente a farsi i fatti propri: rimarrebbe lo spazio della Conferenza Stato-Regioni, esattamente come adesso.
In caso di maggioranze diverse tra le due Camere potremmo forse avere più facilmente un Governo, visto il rapporto fiduciario con la sola Camera. Possiamo però immaginare che il Senato farebbe di tutto per intralciare il lavoro della Camera, intervenendo in ogni modo sulle leggi, con richieste di modifiche, pareri, ricorsi alla Corte Costituzionale per avere voce in capitolo su più leggi possibili. E’ vero che quest’ultima arma dopo qualche tempo sarebbe progressivamente spuntata dalla giurisprudenza, ma non è dato ipotizzare quanto tempo ci vorrebbe. Il lavoro legislativo potrebbe quindi risultare ugualmente paralizzato, anche se forse un po’ meno che in un sistema bicamerale (alcune leggi monocamerali rimarranno, per quanto il Senato possa cercare di allargarsi).
Di fronte a questo atteggiamento il Governo potrebbe imporre continuamente la propria agenda al Parlamento, per esempio con l’uso continuo delle leggi “a data certa”, oppure dei Decreti legge, come spesso succede oggi. E’ vero però che i decreti sarebbero spesso incostituzionali: in questo senso la nuova disciplina è più garantista della vecchia.
La Corte Costituzionale verrebbe eletta parzialmente dalla Camera e parzialmente dal Senato: in questo senso le due maggioranze diverse porterebbero a un equilibrio che paradossalmente potrebbe giovare alla tenuta democratica del Paese. In questo senso è più pericolosa la presenza di un Governo e di una maggioranza forte in entrambe le Camere, ma questo vale anche per l’attuale Costituzione.
In questo caos, inoltre, non è da sottovalutare il ruolo dei cinque senatori “del Presidente”, che potrebbero orientare per conto del capo dello Stato le maggioranze di un Senato in cui contano per il 5%. Questo è in un certo senso un rafforzamento del potere presidenziale, però in modo indebito.
In sintesi: una paralisi forse meno completa, con scenari complessi in caso di Governo forte ma osteggiato dal Senato, e gli stessi rischi di cui sopra in caso di Governo forte in assoluto.

Nel confronto tra i casi peggiori, credo che preferirei la nuova Costituzione, che forse potrebbe portare a una paralisi meno completa e avere qualche piccolo anticorpo in più in caso di maggioranze diverse tra le Camere.

(continua qui)

* Bonus: ho provato a simulare la composizione dei seggi del Senato dal 2000 ad oggi con una rappresentanza proporzionale ai voti regionali man mano espressi. Il risultato è riportato qui sotto: essenzialmente ci sarebbe grande equilibrio, come inevitabile in un proporzionale senza correzioni, anche se la maggioranza relativa si sposterebbe seguendo più o meno quella nazionale.


Destra CDX Centro CSX Sinistra M5S Altri
2000 0 44 4 46 1 0 0
2001 0 44 5 45 1 0 0
2002 0 44 5 45 1 0 0
2003 0 44 5 45 1 0 0
2004 0 44 5 45 1 0 0
2005 0 42 4 48 1 0 0
2006 0 42 3 48 1 0 1
2007 0 42 3 48 1 0 1
2008 0 42 5 46 1 0 1
2009 0 43 5 45 1 0 1
2010 0 49 4 40 1 0 1
2011 0 49 4 40 1 0 1
2012 0 48 4 40 1 1 1
2013 0 44 2 42 1 5 1
2014 0 40 2 44 1 7 1
2015 0 37 2 45 0 10 1
2016 0 37 2 45 0 10 1

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